Danni dell'Invasione Biologica

Casi e conseguenze di insediamento di uccelli esotici in Italia

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  1. Pintailed Nonpareil
     
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    E' stato richiesto nel post "li rivedremo mai?" di dire qualcosa a proposito di un fenomeno che in alcuni casi crea più danni alla biodiversità dell'inquinamento chimico, della deforestazione e di tutti i fenomeni di antropizzazione ambientale di cui tanto si parla. Si parla qui dell'INVASIONE BIOLOGICA, cioè dell'inserimento di una specie alloctona in un nuovo ambiente. Innanzitutto, e me ne scuso, un po' di SANA TERMINOLOGIA:

    Specie autoctona (o indigena): specie naturalmente presente in una determinata area nella quale si è originata o è giunta senza l’intervento diretto (intenzionale o accidentale) dell’uomo.

    Specie alloctona (o esotica): specie che non appartiene alla fauna originaria di una determinata area, ma che vi è giunta per l’intervento diretto (intenzionale o accidentale) dell’uomo.

    Specie naturalizzata: specie alloctona per una determinata area ove è rappresentata da una o più popolazioni che si autosostengono.

    Specie acclimatata: specie alloctona per una determinata area ove è rappresentata da uno o più nuclei non naturalizzati.

    Specie invasiva: specie naturalizzata che determina un impatto rilevante sulle biocenosi.

    Introduzione: trasferimento e rilascio (intenzionale o accidentale) di una entità faunistica in un’area posta al di fuori del suo areale di documentata presenza naturale in tempi storici. Nelle introduzioni devono
    essere comprese anche le immissioni di taxa che, pur appartenendo alla fauna originaria di una determinata area, acquisiscono in seguito all’intervento di immissione uno status fenologico diverso da quello originario (per esempio introduzione di ceppi sedentari di taxa naturalmente presenti solo come migratori o svernanti).

    Controllo: insieme di azioni condotte allo scopo di diminuire la consistenza delle popolazioni di una specie per limitarne l’impatto sugli ecosistemi o sulle attività antropiche, o per impedirne la diffusione su aree più
    vaste. Per quest’ultimo caso a livello internazionale è stato proposto il termine di contenimento.

    Eradicazione: completa e permanente rimozione di una specie da un’area geografica, realizzata attraverso una campagna condotta in un tempo definito.

    Il processo si svolge a tappe, senza che ogni tappa sia obbligata, nè logicamente conseguente.

    1) L'INTRODUZIONE è il primo step. Un allevatore si stanca di avere i suoi diamantini e spinto da un moto di pentimento verso la vita captiva cui li ha costretti, li libera in una zona per lui idonea. Qui intervengono tanti fattori negativi che stoppano sul nascere l'insediamento della specie alloctona: stagione sbagliata, insufficiente ed inadatta alimentazione, tare comportamentali legate alla vita captiva (incapacità di procurarsi l'alimento, incapacità di sfuggire ai predatori.....), ambiente inadatto, clima inadatto......

    Questi fattori negativi in genere fanno sì che la maggior parte dei tentativi di introduzione falliscano miseramente con la rapida morte dei soggetti liberati.

    2) L'ACCLIMATAZIONE: il secondo step. capita raramente che un gruppo, specie se consistente, alloctono si acclimati al nuovo ambiente. Questa fase è celata all'osservazione dei più, la popolazione discretamente insediatasi, mantiene in questa fase infatti una consistenza numerica limitata, il numero dei morti in genere è, in questa fase, in equilibrio con quello dei nuovi nati. STABILITA' DEMOGRAFICA. In questa fase la popolazione non crea particolari danni all'ambiente, se non molto limitati e di difficile quantificazione. La maggioranza delle popolazioni di specie alloctone si mantiene per sempre in questa fase, delicata e soggetta a rapido declino, quando le condizioni volgono in negativo.

    3) L'ESPLOSIONE DEMOGRAFICA: quando le condizioni sono particolarmente favorevoli, la specie ha alti tassi riproduttivi, è molto adattabile (si chiama specie POLITIPICA), l'acclimatazione è di breve durata e inizia questa fase di grande espansione numerica. In questa fase un grande fattore che gioca a favore è l'assenza di competitor validi, e di predatori specializzati. La popolazione non è cioè soggetta a tutti quei fattori di controllo numerico, che nel loro insieme determinano l'equilibrio biologico cui ogni specie è sottoposta.

    4) L'INVASIONE BIOLOGICA: il quarto step. Questo è logica conseguenza del precedente. La popolazione aumenta ogni anno vertiniginosamente di numero, libera da ogni controllo efficace, che ne limiti, se non in misura marginale, la crescita esponenziale. I danni all'ambiente diventano sempre più ingenti, sia in termini di scomparsa di popolazioni competitive, che di distruzione di risorse alimentari.

    5) LA STABILIZZAZIONE: quando la popolazione supera le risorse disponibili oltre una certa misura va incontro ad un processo di autolimitazione numerica che la riporta su un livello di nuova stabilizzazione. Questa nuova stabilizazione non rimedia ai danni creati, l'ambiente diventa quasi monospecifico, la biodiversità appare distrutta in modo irreversibile. E' cioè TROPPO TARDI.

    Il CONTROLLO fino alla COMPLETA ERADICAZIONE della specie alloctona, per un ottimale risultato dovrebbe intervenire alla fase 2 e NON OLTRE LA FASE 3. In genere invece si interviene fra la 3 e la 4, molto più visibili, quando cioè risulta molto difficile ottenere risultati apprezzabili.

    Lascio a chi vuole parlare delle misure di controllo. Quello che mi preme qui è semplicemente di RACCOMANDARE VIVAMENTE DI NON EFFETTUARE NEMMENO LA FASE 1.

    A seguire alcuni esempi di uccelli esotici liberati in italia da allevatori imprudenti:

    1) PARROCCHETTO DAL COLLARE (Psitacula Krameri)

    image

    In Italia il Parrocchetto dal collare è presente con una popolazione complessiva
    stimata in circa 200-300 individui. Le prime nidificazioni sono state
    accertate alla metà degli anni ’70 a Genova, ove si è costituito un nucleo stabile
    formato da un centinaio di individui (Spanò e Truffi 1986 e 1998, Snow
    e Perrins 1998a). Più recente la naturalizzazione di questa specie in Sicilia
    (Catania, Siracusa e Palermo) avvenuta a partire dal 1990 in corrispondenza
    di parchi con grandi alberature (Lo Valvo et al. 1993); secondo Snow e Perrins
    (1998a) sarebbero presenti su quest’isola 20-40 coppie. Nidificazioni
    irregolari sono segnalate per altre regioni: Friuli-Venezia Giulia, Lombardia,
    Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio e forse Sardegna (Spanò
    e Truffi 1986, Baccetti et al. 1997, Brichetti 1999). A Roma di recente è stata
    segnalata la presenza di una cinquantina di individui e ne è stata accertata la
    nidificazione (Raia com. pers.).

    2) PARROCCHETTO MONACO (Myiopsitta Monachus)

    image

    In Italia si stima una consistenza di oltre 200 individui presenti
    soprattutto nei parchi urbani e giardini di diverse città (Brichetti 1999); è
    sconosciuto invece il numero di soggetti presenti allo stato semi-selvatico
    presso diversi parchi faunistici. La prima immissione in libertà di cui si ha
    notizia è avvenuta a Milano nel 1934 ed ha portato alla formazione di una
    piccola popolazione nidifiacante (Moltoni 1945); la colonia si estinse nel
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    1946 probabilmente a causa della predazione da parte dei ratti (Spanò e
    Truffi 1986). Un piccolo nucleo insediatosi a Genova, probabilmente nel
    1970, si è invece accresciuto fino a dimensioni pari 20-30 individui. Un
    altro nucleo è segnalato fin dai primi anni ’80 a Udine, dove nel 1988
    è stata accertata la presenza di almeno 10 individui (Hagemeijer e Blair
    1997). Dalla metà degli anni ’80 sono state identificate due colonie lungo il
    litorale romano rispettivamente in località Infernetto-Castel Fusano e Ostia
    Antica-Dragona (Biondi et al. 1995). Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio
    degli anni ’90 la specie ha nidificato a Siena (Baccetti dati inediti) e ha
    colonizzato il centro urbano di Catania, costruendo i nidi su palme del
    genere Washingtonia (Lo Valvo et al. 1993). Segnalazioni più recenti di
    nidificazione o di tentativi di nidificazione sono note per Novi di Modena
    (Ferri e Villani 1995), Cerrione (Biella), S. Giovanni di Busca (Cuneo:
    Bertolino 1999a), Roma (Raia com. pers.) e Piove di Sacco (Padova: Borin
    com. pers.). Almeno tre nuclei di soggetti in libertà sono stati segnalati
    in corrispondenza di zoo o di parchi faunistici: nei dintorni dello zoo "Le
    Cornelle" (Bergamo) sono state stimate almeno 100 coppie (Guberti e
    Baccetti dati inediti); nel parco zoo di Pastrengo (Verona) si sono osservate
    nidificazioni regolari a partire dal 1985 e si è costituita una popolazione
    formata da almeno 30 coppie (Hagemeijer e Blair 1997), mentre su un’isola
    del Lago Maggiore risulta presente un nucleo apparentemente non in grado
    di automantenersi (Hagemeijer e Blair 1997).

    3) USIGNOLO DEL GIAPPONE (Leiothrix Lutea)
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    A partire circa dal 1998 si ha notizia di presenze relativamente diffuse in
    provincia di Lucca (Archivio INFS, Velani com. pers.), che sembrerebbero
    dovute ad una popolazione già attualmente naturalizzata almeno nell’area
    periurbana prossima al Monte Pisano. In questa zona le osservazioni più regolari
    avvengono all’interno di giardini di ville con boschetti di bambù (Chines
    com. pers.). Un apposito sopralluogo effettuato nell’area (novembre 2000) ha
    portato all’immediato avvistamento di stormi anche numerosi, dal comportamento
    vistoso, in spostamento anche in ambienti aperti quali oliveti e coltivi
    in genere (Perfetti dato inedito).

    4) ASTRILDE COMUNE (Estrilda Astrild)

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    Per l’Italia sono note segnalazioni in Toscana, lungo il medio corso del Po (1978-79, Toso com. pers.),
    in Sicilia (Gatto 1988) e un caso di nidificazione occasionale presso le Vasche
    di Maccarese (Roma) nel 1992 (Biondi et al. 1995).

    5) BENGALINO COMUNE (Amandava Amandava)

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    In Italia da diversi anni si ha notizia di individui presenti in natura anche
    per periodi prolungati e di occasionali nidificazioni portate a buon fine, sfociate
    nell’insediamento di almeno cinque grosse popolazioni naturalizzate. La
    distribuzione nota è probabilmente approssimata per difetto, in quanto le
    presenze non sempre risultano facilmente rilevabili o vengono segnalate.
    Il nucleo conosciuto da più tempo, insediatosi in Italia settentrionale
    presso Treviso fin dal 1974, negli anni ’80 è stato stimato di 80-90 coppie
    nidificanti; complessivamente la popolazione presente è costituita da circa
    300 individui ed è localizzata lungo il corso del Fiume Sile (Mezzavilla e Battistella
    1987). Altre segnalazioni di presenza e nidificazione sono pervenute
    più di recente da alcune delle principali zone umide a canneto del Paese (Baccetti
    et al. 1997), come ad esempio dalla Laguna di Venezia (dato relativo
    all’inizio degli anni ’90, ma cfr. Pratesi 1975 per un precedente insediamento
    nel Veneziano, attribuibile a questa specie). In Toscana settentrionale
    sono note due popolazioni in corrispondenza del Lago di Massaciuccoli e del
    Padule di Fucecchio, insediatesi tra il 1986 e il 1989 (segnalazioni toscane
    anche precedenti sono genericamente riportate da Tellini Florenzano et al.
    1997). In questa regione sono state stimate di recente 50-300 coppie nidificanti
    e la popolazione complessiva appare in espansione, come dimostra l’avvenuta
    colonizzazione di zone limitrofe al Padule di Fucecchio quali l’alveo di
    Bientina e il Lago di Sibolla (Baccetti et al. 1997, Sposimo et al. 1999). Per
    l’Italia settentrionale esistono anche segnalazioni occasionali in altre regioni
    (si vedano la cartina e Baccetti et al. 1997)
    166
    Per quanto riguarda le regioni centro-meridionali, caratterizzate da un
    clima senz’altro più adatto alla specie, nidificazioni nel Lazio e in Molise sono
    state riscontrate già a metà degli anni ’70 e riguardano attualmente soprattutto
    i Laghi Pontini, il Lago di Fondi (Latina) e le Vasche di Maccarese
    (Roma) (Biondi et al. 1995, Corbi com. pers.). Più recente di circa un decennio
    il primo (e unico?) dato di riproduzione in Puglia (Siponto, Foggia), mai
    confermato successivamente. Apparentemente episodica anche una segnalazione
    in Sicilia, quella di uno stormo consistente nelle Marche ed altre ancora
    in ambiti regionali diversi (Baccetti et al. 1997).
    Il calendario riproduttivo, in Italia come altrove, interessa principalmente
    i mesi autunnali, a partire da agosto in Molise e Toscana (ma già da luglio a
    Fucecchio: Sposimo et al. 1999), con almeno un’indicazione relativa al periodo
    primaverile. Numerosi soggetti inanellati in Italia negli ultimi dieci anni
    hanno fornito per ora solo ricatture locali, anche a distanza di un anno. Osservazioni
    effettuate in passato e recenti cali numerici invernali rilevati a Fucecchio
    parrebbero tuttavia indicare l’esistenza di movimenti di tipo erratico o
    dispersivo (Baccetti et al. 1997, Sposimo et al. 1999). La cattura, in anni
    diversi, di soggetti imbrancati con il Pendolino Remiz pendulinus in migrazione
    attiva alla foce del Fiume Conca (Rimini: Magnani com. pers.), a
    distanza dalle zone riproduttive note, è di ulteriore supporto a tale ipotesi.
    Ciò potrebbe, qualora le popolazioni non siano alimentate da continui episodi
    di fuga dalla cattività, giustificare le improvvise colonizzazioni di siti
    anche lontani dalle zone umide già occupate (Baccetti et al. 1997).

    6) MAINA COMUNE (Acridotheres Tristis)

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    In Italia una coppia nidificante con i relativi pulli è stata
    osservata a Roma nel 1992 (Brunelli 1996); tentativi falliti di riproduzione
    sono avvenuti anche nel 1987 (Biondi et al. 1995) e nel 1995 (Brunelli 1996),
    rispettivamente a Castel Fusano e a Villa Carpegna (Roma). La presenza di
    questa specie nel nostro Paese è comunque da considerare per ora episodica
    e probabilmente attribuibile a soggetti di recente fuga dalla cattività.

    PER FINIRE NESSUNA DELLE SUCCITATE SPECIE HA PER ORA CARATTERE PARTICOLARMENTE INVASIVO, MA PER IL PARROCCHETTO DAL COLLARE E IL PARROCCHETTO MONACO L'ATTENZIONE E' ALTA VISTI GLI ALTI TASSI RIPRODUTTIVI CHE STANNO MOSTRANDO CON AMPLIAMENTO COSTANTE DELL'AREALE.

    quindi.......NON LIBERATE UCCELLI ESOTICI!!!!!

    Ciao

    Andrea

     
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  2. the.smart
     
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    Grande spiegazione e Ottima discussione.....

    Complimenti

    Nunzio
     
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  3. Pintailed Nonpareil
     
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    Grazie mille. Anticipo fin d'ora chiunque si chieda perchè non si parli del Diamante Mandarino, specie che ben sopporta il freddo, molto adattabile e prolifica e inoltre così diffusa, che la detenzione e l'allevamento di questa specie è cosa abbastanza recente se paragonata a quella dell'astrilde comune, del bengalino e dell'usignolo del Giappone che sono stati i primi esotici importati. Ci vuole tempo, esattamente lo stesso o più che per selezionare ceppi che si riproducano facilmente in gabbia!
     
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  4. Dario1978
     
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    Bellissima spiegazione. E' stato molto piacevole leggere questo tuo intervento iniziale.
    Però, secondo me, ci sono dei dati da rivedere.


    CITAZIONE
    1) PARROCCHETTO DAL COLLARE (Psitacula Krameri)

    In Italia il Parrocchetto dal collare è presente con una popolazione complessiva
    stimata in circa 200-300 individui........ A Roma di recente è stata
    segnalata la presenza di una cinquantina di individui e ne è stata accertata la
    nidificazione (Raia com. pers.).

    Questo haimè non è corretto. Qui a Roma con questi Pappagalli ci troviamo sicuramente alla fase 3 avanzata, e il numero attuale dei soggetti presenti in città non è una cinquantina...ma per quello che ho potuto notare direi che siamo più vicini ai numeri menzionati per la popolazione complessiva nazionale (se non addirittura oltre).
    Sono presenti sicuramente e in buon numero in:
    - Villa Pamphili (al tramonto un giorno ne ho visti un centinaio abbondante concentrati su un paio di grossi "alberi dormitorio"). Basta farsi due passi nella zona del lago dove stanno le Nutrie per rendersene conto....e già il riferimento che ho dato per il lago la dice lunga su un altra invasione che stiamo subendo.
    - Villa Borghese (soprattutto zona Zoo, dove entrano ed escono liberamente dalle gabbie per approfittare del cibo dato agli altri animali)
    - Centro Storico (dove passano in stormi di una quindicina di soggetti alla volta, velocissimi ed urlanti)
    - Parco Dell'Appia Antica (come dicevo nell'altro post, ho personalmente notato qualche nido locato in buchi degli alberi)

    CITAZIONE
    2) PARROCCHETTO MONACO (Myiopsitta Monachus)

    In Italia si stima una consistenza di oltre 200 individui presenti....

    Anche qui come sopra, ma meno prepotentemente. Diciamo che ci troviamo ai primi passi della fase 3, ma comunque se in tutta Italia ce ne sono 200....vuol dire che li abbiamo solo qui a Roma. Un Tempo localizzati esclusivamente all'interno del Parco Della Caffarella si stanno facendo strada anche loro in altre zone di Roma anche molto distanti dal parco in questione, come ad esempio Roma Nord.

    Chi mi conosce da un pò sà che ogni tanto tiro fuori il discorso di questi due Parrocchetti, perchè francamente la cosa mi preoccupa già da tempo. Non ne parliamo adesso poi che le popolazioni sono in forte aumento.
    Insomma se fino a qualche anno fà io avessi chiesto a qualcuno "Hai visto i pappagalli?"
    questo mi avrebbe risposto "Ma dove?", perchè mi rendo conto che ci voleva un pò di passione per l'ornitologia per rendersi conto che lo stormetto di uccelli che passava in cielo non era "normale".
    Oggi quando faccio quella stessa domanda...la risposta che mi viene data è :"Si li ho visti che belli!" o quantomeno "Si ho sentito dire che ce ne sono tanti".
    Insomma...ad oggi qualsiasi abitante se ne può rendere conto passeggiando nelle ville cittadine, non solo i fissati come me.
     
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  5. Pintailed Nonpareil
     
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    I dati numerici sono del 2001. Sono passati 7 anni. Purtroppo non ne ho trovati di più recenti. Sicuramente quindi hai ragione tu che vedi direttamente la fase 3 di esplosione demografica, ormai in alcune zone vera e propria invasione. stasera posto il cosiddetto IMPATTO di ogni singola specie
     
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  6. romango
     
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    Ciao,
    i tropici sono arrivati anche a Firenze e dintorni. Osservo da almeno tre anni, con mia immensa soddisfazione, due coppie di Psittacula che abitano un enorme platano nel Parco delle cascine (in linea d'aria a 2km. dal Duomo) .Non saprei dire se ci nidificano anche (il platano è alto più di 30m....). Altri amici mi dicono di averne visto in volo uno stormo di una ventina di individui. La settimana scorsa, tre adulti sono passati schiamazzando sopra il terrazzo di casa mia a Scandicci. Penso che abitino su grandi alberi al sicuro nei parchi pubblici o privati, e che, durante il giorno, se ne vanno a foraggiare in giro per la città in un raggio di una decina di chilometri. In volo sono inconfondibili per la lunga coda e perché strillano incessantemente. Per le Acridotheres ho tenuto alcuni esemplari liberi nel mio terreno di campagna. Sono molto attaccati al territorio e non si allontanano mai (mi ricordano molto le taccole) , convivono bene coi piccioni e non mangiano uova. Di sera rientrano puntualissime a dormire nella loro gabbia . Lo stesso fanno i Monaci. Le tre coppie che ho da parecchi anni sono tutte fuggite almeno una volta dalle voliere: svolazzano in giro per tutta la giornata, ma al tramonto pretendono sempre di rientrare nel nido. I due monaci blu se ne sono stati in giro per un bel pò , facendomi stare in ansia, ma ora che hanno un piccolo li tengo chiusi a chiave. Ho amici che hanno allevato in libertà sia diamanti mandarini che le tortore diamantine.
    romango
     
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    Vorrei invitare tutti a visitare ogni tanto il sito del Ministero dell'Ambiente. Vi si trovano tante pubblicazioni e notizie che possono essere utili e interessanti per chi come noi ha a cuore "la conservazione della natura".

    http://www.minambiente.it/index.php?id_sezione=715

    Vi si trova anche una pubblicazione di qualche anno fa sui mammiferi e gli uccelli esotici che stanno "invadendo" l'Italia. È il Quaderno n°2. Penso che se avete voglia di leggere un pò vi farà capire che anche l'animale più piccolo, in un ecosistema non suo, può far danni!
     
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  8. salvodm
     
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    Anche a Palermo la popolazione di parrocchetti dal collare è diventata enorme!!!
    Abitano le grandi ville comunali come Villa Malfitano, Villa Giulia o l'Orto Botanico. Oltre a schiamazzare continuamente e rilasciare le loro feci su di noi mentre studiamo all'ombra degli alberi dell'orto hanno occupato anche le nicchie ecologiche di uccelli come picchi, upupe, assioli e molte altre specie che nidificano in fori degli alberi
     
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    Qualcuno sa qualcosa di colonie in libertà di pappagallini ondulati e, soprattutto, di canarini?? (considerando che il canarino è un uccello che è STATO IMPORTATO da moltissimi anni, SICURamente molto prima della stragrande maggioranza degli ucceli che vivono nelle nostre gabbie)
     
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  10. Dario1978
     
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    Che io sappia i canarini dovrebbero esserci sull'isola d'Elba...non scappati dalle gabbie però. Un libro sugli uccelli che ho dice che nel 1800 (e qualcosa) una nave di importatori spagnoli di canarini, che proveniva dalle canarie, fece naufragio proprio sulle coste dell'Elba, dove fuggirono quasi tutti i canarini che stavano trasportando, moltissimi dei quali poi si adattarono. Nel caso ci fossero ancora quindi, si tratterebbe si soggetti dalla livrea totalmente ancestrale.
    Quindi così:

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  11. Pintailed Nonpareil
     
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    Nella presentazione della problematica, ho dimenticato di citare un'altro fattore di grande importanza. L'IMPATTO ECOLOGICO.Una specie è invasiva non soltanto quando si espande numericamente in modo molto rapido, ma quando compete con successo con le specie autoctone (fino a farle scomparire del tutto) e modifica l'ambiente naturale in modo negativo.

    Prendiamo due esempi:

    1) IL BENGALINO COMUNE (amandava amandava): specie erratica, colonizza rapidamente nuove aree, ed infatti numericamente, tra quelle citate, è probabilmente quella più diffusa ed in veloce crescita. IL Bengalino inoltre resiste benissimo al freddo, è opportunista alimentare, ed ha, caso unico fra gli astrildidi, una livrea eclissale nel maschio che va a sostituire il vistoso abitino color fragola alla fine della stagione degli amorei (corrispondente al nostro autunno), rendendo anche il "sesso forte" poco visibile per buona parte dell'anno. E' quindi un invasore ideale. Questo uccellino, quasi scomparso dagli allevamenti in quanto mai selezionato opportunamente per il miglioramento del suo standard riproduttivo (paragonabile a quello del Becco di Corallo, Falchi3 comprende cosa sto dicendo!), fu importato in Italia in gran numero già negli anni '60. Molti importatori, letteralmente soverchiati dal numero eccessivo dei piccoli schiavi indiani, aprivano i gabbioni e liberavano interi stormi. Oggi le conseguenze sono che il Bengalino è dappertutto in Italia, ma ha UNO SCARSO IMPATTO ECOLOGICO perchè non sembra competere molto con le specie autoctone.

    IL PARROCCHETTO DAL COLLARE (psittacula krameri) al contrario invece ha UN FORTE IMPATTO ECOLOGICO, in quanto è anch'esso opportunista e compete efficacemente con l'avifauna locale, distrugge i rami degli alberi, è in grado di divorare grandi quantità di bacche, anche le più resistenti.

    Per concludere l'INVASIVITA' di una specie è data da 2 fattori: l'ADATTABILITA' e IL LIVELLO DI IMPATTO ECOLOGICO.

    Ed ora, per finire, cito il caso della specie alloctona più invasiva di tutte, talmente invasiva, da non essere nemmeno considerata specie allocotona... MA LO E'! La Tortora dal Collare (Streptopelia Roseigrisea) asiatica in parte è invasore naturale, in parte è stata favorita da continui rilasci. Questa specie ha in gran parte rimpiazzato la Tortora Comune (Streptopelia Turtur) che è la vera tortora europea, autoctona.

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    Tortora dal Collare

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    Tortora Comune

    Ciao!!



    Veniamo al caso Canarini/Pappagallini Ondulati/Diamanti Mandarino. Il caso dei Canarini all'Elba è vero. Si tratta però di Canarini ancestrali, oltretutto nati in libertà e tornati alla vita libera. Questo è anche il motivo per cui queste comunissime specie da gabbia non "sfondano". L'adattamento alla vita captiva seleziona ceppi ideali per la riproduzione in gabbia. Però le loro qualità in gabbia sono spesso difetti in libertà. Eccesso di confidenza, incapacità di selezionare il posto adatto per le riproduzione..... Inoltre queste popolazioni non hanno MAI VISSUTO LIBERE. Non sono capaci cioè di procurarsi il cibo autonomamente. Diverso è il caso per gli uccelli di cattura che, se liberati, riescono talvolta, se l'ambiente non è troppo ostile per loro, a cavarsela.

    Nei primi anni di importazione deregolata degli uccelli a scopo ornamentale, molti importatori liberavano intere partite invendute. Uccelli catturati anche da poco ritrovavano la libertà. Alcuni ce l'hanno fatta e sono ancora tra noi.

    Questa cosa magari rende felici noi ornitofili, ma credetemi e causa di potenziale squilibrio, anche molto pericoloso!
     
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  12. jimmycar
     
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    Veramente ottima discussione e preziosissime informazioni. Aggiungo che alcuni amici mi hanno informato della presenza di numerosi esemplari di parrocchetto monaco anche in Versilia, più precisamente a Forte dei Marmi, ove si possono notare nei parchi cittadini.
    Non ho ancora avuto esperienza diretta dei bengalini del Massaciuccoli, a terrò gli occhi aperti.
    Pe quanto riguarda le specie alloctone che si sono ambientate da noi (probabilmente senza fare troppi danni all'ecosistema) vorrei ricordare anche il fagiano comune (Phasianus Colchicus), che sebbene presente in tutta europa ha origini mediorientali.
    Jimmy
     
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    Pe quanto riguarda le specie alloctone che si sono ambientate da noi (probabilmente senza fare troppi danni all'ecosistema) vorrei ricordare anche il fagiano comune (Phasianus Colchicus),

    Forse perché è stato importato così tanto tempo fa (dagli antichi Romani) che ormai i danni sono stati ammortizzati! :D
     
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  14. jimmycar
     
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    Vedi, io credo che quando i qualche modo il sistema ambientale viene modificato artificialmente i danni sono permanenti.
    Ovvio che con il passare degli anni e dei secoli la natura ritrovi un suo equilibrio.
    Per quanto attiene al fagiano, è probabile che gli eventuali danni non sono più apprezzabili ai giorni nostri ma, al tempo dei tempi, quali effetti abbia avuto la sua introduzione nelle nostre zone non possiamo saperlo.
    Le acque interne italiane sono un palese esempio di introduzione di fauna alloctona che compete (molto spesso con successo) con le specie autoctone: lasciando perdere la carpa, anche quella introdotta in tempi antichissimi, ormai si incontrano comunemente persici sole (grandi distruttori di uova), breme, gardons, amur, persici trota (che tendono a soppiantare il luccio), lucioperche (idem c.s.), pesci gatto di ogni nazionalità e siluri (che predano tutto), per non parlare dei gamberi della florida (infestante come non mai), ecc. ecc.
    Probabilmente anche i ns bis-bis-nipoti troveranno normale la presenza di molti degli animali di cui stiamo discutendo. :alienff:
    Peccato!
     
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  15. Pintailed Nonpareil
     
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    Il Quaderno 2 del sito del Ministero dell'ambiente cita altre due specie di Invasori esotici:

    Astrilde Becco di Corallo (Estrilda Troglodytes)

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    Le segnalazioni per l’Italia, tutte riferite alla Toscana, sono state attribuite
    ad individui direttamente sfuggiti alla cattività (Brichetti 1999). In realtà gli
    unici dati noti consistono in una cattura durante operazioni di inanellamento
    effettuata nei canneti sulla riva pisana del Lago di Massaciuccoli il 29/8/1994
    (Grattarola 1995) e nell’osservazione qualche giorno dopo di una coppia in
    atteggiamento riproduttivo. In precedenza, un soggetto era stato catturato
    nella stessa area già il 10/9/1992 e in origine attribuito dubitativamente a
    Estrilda astrild (Tellini Florenzano com. pers.). È possibile che, qualora localmente
    esista un nucleo di Estrildidi in fase di acclimatazione, anche quest’ultima
    segnalazione sia in realtà da riferire a Estrilda troglodytes.
    Il fatto che le diverse specie di Estrildidi non siano molto facilmente distinguibili
    tra loro, soprattutto se viste a distanza, e che molte siano quelle detenute
    dagli avicoltori, suggerisce l’opportunità di esaminare con particolare attenzione
    le caratteristiche dei soggetti che in futuro venissero osservati in natura.

    2) Becco a Cono (Paradoxornis cfr. alphonsianus)

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    In Italia il Becco a cono è presente in Lombardia all’interno della Riserva
    Naturale della Palude Brabbia (Varese) con una piccola popolazione originata
    nel 1995 da individui ritenuti sfuggiti a un commerciante locale di uccelli. In
    base ai dati attualmente disponibili sembra che tale popolazione sia passata in
    pochi anni da una ventina ad un centinaio di individui, mostrando segni di
    espansione dell’areale occupato (Boto et al. 1999, Boto com. pers.). Un soggetto
    appartenente a questa specie o ad una congenere è stato catturato e fotografato
    in Val Campotto (Ferrara) nell’agosto del 1994 (Micheloni com. pers.).

    Fra l'altro mi è venuto in mente che, trattandosi di Paradossornitide (Famiglia per lo più Asiatica di Passeriformi) vi è anche un rappresentante autctono (l'unico europeo) in Italia:

    Il Basettino (Panurus Biarmicus)

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    con cui potrebbe entrare potenzialmente in competizione trofica (Alto Impatto Ecologico per questa specie autocona)
     
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39 replies since 24/7/2008, 21:45   3065 views
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